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DISTURBI MOTORI FUNZIONALI: Che cosa sono?

A cura di: Marialuisa Gandolfi, Matteo Bologna, Carlo Alberto Artusi

Che cosa sono i Disturbi Motori Funzionali?

I disturbi del movimento funzionali (FMD) rientrano nel più vasto ambito dei disturbi neurologici funzionali, definibili come la presenza di uno o più sintomi di funzione motoria o sensitiva alterata che risulta incompatibile con i danni organici o le malattie che tipicamente ne sono la causa. Un esempio frequente di disturbo neurologico funzionale è la pseudocrisi epilettica, ovvero la comparsa di uno stato simile a quello di una crisi epilettica in assenza di concomitante alterazione elettrica del cervello documentata con elettroencefalogramma.

Similmente, diversi disturbi del movimento tra cui tremore, paresi, distonia, disturbi della marcia, mioclono e disturbi facciali vengono definiti FMD, ovvero ‘funzionali’, quando sono clinicamente incongruenti con le malattie neurologiche organiche che ne sono la causa e sono significativamente modificati da manovre di distrazione o non fisiologiche, inclusa una marcata risposta al trattamento con placebo.

Gli FMD sono stati definiti utilizzando diversi termini, tra cui disturbi psicogeni, di conversione, di somatizzazione, medicalmente inspiegabili, funzionali, isterici, non organici. L’assenza di una definizione universalmente accettata riflette l’incompleta conoscenza della fisiopatologia alla base di questo genere di disturbi ma anche lo scarso riguardo che tali disturbi hanno avuto nei decenni passati sia in ambito clinico che di ricerca. Negli ultimi anni, invece, la comunità scientifica ha mostrato un progressivo interesse verso questo settore della neurologia e ha sviluppato nuovi concetti relativamente a modello di malattia, terminologia, approccio clinico e comunicazione della diagnosi e trattamento. Le principali motivazioni di questo crescente interesse risiedono nel fatto che gli FMD hanno una elevata prevalenza e sono fonte di disabilità grave, con un costo socio-assistenziale rilevante. Si stima, infatti, una prevalenza dei disturbi neurologici funzionali di circa 50/100.000 casi, di cui più del 50% sono rappresentati dagli FMD. A tal riguardo, circa il 20% dei pazienti che accede agli ambulatori specialistici dei disordini del movimento presenta FMD. 

Nonostante l’elevata prevalenza e la fonte di grave disabilità, tali disturbi a tutt’oggi non sono né adeguatamente diagnosticati né trattati. La difficoltà da parte del neurologo nel diagnosticare e gestire tali disturbi origina dalla difficoltà a comprendere il meccanismo di produzione di tali sintomi. Il fatto che gli FMD abbiano caratteristiche che sono normalmente associate al movimento volontario (distraibilità e risoluzione con placebo), ha indotto erroneamente a pensare che la simulazione è il meccanismo alla base della genesi degli FMD. I pazienti riportano, infatti, tali disturbi come involontari e incontrollati evidenziando una dissociazione tra la natura volontaria dei disturbi funzionali del movimento e il senso di involontarietà percepito dai pazienti (per una alterazione del “Sense of Agency” ossia percezione del controllo sulle azioni e sulle loro conseguenze).

Un altro elemento cruciale è rappresentato dal fatto che storicamente gli FMD sono sempre stati considerati come secondari a traumi emotivi-psicologici (i cosiddetti disturbi di conversione). Tuttavia, studi epidemiologici recenti hanno messo in discussione la rilevanza di fattori psicologici o psichiatrici nella genesi degli FMD.  

La maggior parte dei pazienti con FMD manifesta più di un sintomo contemporaneamente in combinazione variabile. Generalmente i vari sintomi sono meglio interpretabili come parte di un unico disordine piuttosto che essere considerati disturbi a sé stanti. Provare molti sintomi differenti contemporaneamente può essere un aspetto particolarmente difficile da affrontare per i pazienti e complicare l’inquadramento medico clinico-diagnostico. Dai dati del Registro dei Disordini Motori Funzionali il sintomo più frequente è la paresi (43%), seguito dal tremore (40%), distonia (28%) e disturbi della marcia (26%). Meno frequentemente si manifesta mioclono (13%), disordini del movimento nel distretto facciale (10%), parkinsonismi (6%) e tic (2%). E’ interessante sottolineare che oltre l’80% dei pazienti presenta sintomi associati quali fatica, dolore, ansia/depressione, insonnia, cefalea, attacchi di panico e dissociazione. In oltre la metà dei casi di FMD sono associati sintomi funzionali sensitivi e nel 30% pseudocrisi epilettiche. 


Diagnosi FMD

La diagnosi dei FMD si basa su una diagnosi positiva, ossia basata sul riscontro di sintomi e segni specifici. Gli elementi diagnostici fondamentali sono l’inconsistenza, l’incongruenza e l’effetto del placebo. Indagini strumentali di neuroimaging e neurofisiologiche possono aiutare nel supportare la diagnosi clinica, mentre la presenza di un disturbo psicologico/psichiatrico non è un fattore sufficiente per porre tale diagnosi. 

La comunicazione della diagnosi di FMD rappresenta una fase della gestione di fondamentale importanza per l’outcome clinico e rappresenta un primo e fondamentale livello di cura. E’ infatti di capitale importanza che il paziente che soffre di FMD e chi gli sta intorno capisca e accetti il suo disturbo; questo per 3 principali motivi: 1) comprendere che si tratta a tutti gli effetti di un disturbo neurologico che è stato indagato, compreso e diagnosticato dal curante, 2) rassicurarsi che la diagnosi che gli è stata posta esclude malattie croniche o neurodegenerative e presenta possibilità di miglioramento e di guarigione, 3) apprendere i meccanismi di questo disturbo per concentrarsi sui percorsi di cura proposti che richiedono l’attiva partecipazione del paziente.  

Il trattamento, una volta comunicata e accettata la diagnosi, si basa infatti sulla riabilitazione neuro-motoria e sul trattamento psicologico. Gli interventi riabilitativi sono ampiamente considerati una parte importante del trattamento degli FMD. Studi di coorte su ampie casistiche e recenti studi randomizzati controllati hanno fornito prove solide a supporto del loro utilizzo nel management dei pazienti, con i diversi problemi presentati che devono essere considerati nell’ambito di un modello di malattia bio-psico-sociale in cui i fattori predisponenti, precipitanti e perpetuanti possono essere affrontati in un contesto di riferimento multidisciplinare. 


Trattamento Disturbi Motori Funzionali

Il trattamento riabilitativo è costituito da 3 componenti principali:

  1. Educazione: facilitare la comprensione della diagnosi.

  2. Riprogrammazione del movimento: il trattamento riabilitativo deve mirare a riqualificare il movimento in modo graduale reindirizzando l'attenzione e affrontando convinzioni e comportamenti di malattia non utili. L’efficacia di interventi riabilitativi intensivi (2 ore/die, 5 giorni) basati sulla riprogrammazione del movimento utilizzando task distraesti/interferenti che possano modificare lo stato attentivo del paziente durante il movimento è stata riportata in studi clinici controllati. Gli effetti positivi di questi training riabilitativi sono stati riportati anche a distanza di follow-up sino a 2 anni. 

  3. Sostenere l’autogestione: fornire una scheda personalizzata per eseguire esercizi a domicilio utilizzando anche approcci di telemedicina (sms, telefonate, videochiamate) e agende per completare il percorso riabilitativo. 

Nell’ambito del trattamento è utile considerare anche gli aspetti psicologici, soprattutto nei casi in cui i sintomi si manifestino in modo parossistico e in presenza di crisi dissociative. Tra gli approcci psicologici la terapia cognitivo comportamentale (TCC) è considerata una delle terapie più efficaci per il trattamento delle crisi e degli attacchi dissociativi soprattutto se associata alla riabilitazione. Lo scopo della TCC è quello di far sì che il paziente affronti un cambiamento nel modo di pensare (i sintomi) e di comportarsi (in relazione ai sintomi). Tale approccio permette quindi di imparare a riconoscere i sintomi premonitori degli attacchi e applicare tecniche basate sulla distrazione (ad esempio contare all’indietro da 100 a 0 togliendo ogni volta 7, parlare con qualcuno, cantare la canzone preferita) che possano aiutare a prevenire o superare questi attacchi. Il trattamento psicologico è importante anche in presenza di comorbidità quali ansia e depressione. 

Approfondimenti

Essendo molto importante che i pazienti siano correttamente informati dei vari aspetti correlati ai DMF (tipo di disturbo, cause, strategie per migliorare il disturbo), si ritiene utile riportare qui l’esistenza di un sito web curato dal Prof. Jon Stone dell’Università di Edinburgo, un opinion leader sui disturbi neurologici funzionali, creato ad hoc per i pazienti e in cui si trova molto materiale di approfondimento: www.neurosymptoms.org. Tale sito è stato tradotto in lingua italiana dal Prof. Michele Tinazzi dell’Università di Verona (www.neurosintomi.org).


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I disturbi motori funzionali si caratterizzano per la presenza di sintomi motori, come ad esempio disturbi della marcia, debolezza, distonia, tremore, che si attenuano significativamente o scompaiono con manovre di distrazione o dopo somministrazione di placebo.

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