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Parkinson e Alimentazione

A cura di: Laura Avanzino, Matteo Bologna

L'alimentazione nella Malattia di Parkinson

È una domanda che ricorre frequentemente nei nostri ambulatori: esiste una dieta per la malattia di Parkinson?

Una significativa percentuale di pazienti affetti da Malattia di Parkinson presenta alterazioni dello stato nutrizionale. Nei primi anni di malattia si osservano frequentemente sovrappeso e occasionalmente obesità in aggiunta alle alterazioni metaboliche e vascolari che a queste condizioni si associano. Nelle fasi iniziali o intermedie di Malattia di Parkinson l’eccessivo aumento di peso corporeo può essere determinato, ad esempio, dalla riduzione dell’attività motoria globale e quindi da un ridotto consumo energetico, oppure può essere un effetto avverso delle terapie farmacologiche, ed in particolare dell’assunzione di farmaci dopamino-agonisti. Questi farmaci possono infatti in alcuni casi determinare una perdita del controllo degli impulsi con fame esagerata (bulimia).

Con il progredire della Malattia di Parkinson e della sua gravità, al contrario, si osserva generalmente tendenza alla perdita di peso e alla malnutrizione, con conseguente rischio di compromissione delle difese immunitarie, perdita di massa muscolare, demineralizzazione delle ossa e fratture e altro. Nel corso della malattia, infatti, si manifestano via via una serie di problematiche che determinano perdita dell’appetito e della possibilità di mantenere un adeguato stato nutrizionale. Tra queste un ruolo decisivo è rappresentato dal rallentamento motorio della Malattia di Parkinson, che può riflettersi nella difficoltà di approvvigionamento e di preparazione del cibo, ma anche nella difficoltà di masticazione e deglutizione (disfagia) ed infine nella complessiva lentezza nel consumo degli alimenti. Nei casi più avanzati si può arrivare fino all’incapacità di alimentarsi autonomamente. Tra gli altri fattori che rivestono un ruolo nella perdita della capacità di alimentari correttamente e di peso della Malattia di Parkinson, si annoverano ad esempio la perdita di olfatto e di gusto, bocca secca o eccessiva salivazione (scialorrea) o difficoltà digestive e stitichezza, nonché l’eventuale coesistenza di depressione del tono dell’umore o di deterioramento cognitivo.

Una corretta alimentazione nella Malattia di Parkinson, basata sul principio di un corretto bilancio energetico (ovvero equilibrio tra consumo e d apporto energetico) è pertanto auspicabile per diversi motivi.

In primo luogo, il raggiungimento del peso corporeo ottimale ed il mantenimento di un adeguato stato nutrizionale nel tempo rappresentano aspetti essenziali per influenzare positivamente l’evoluzione clinica della patologia. Ciò riguarda soprattutto la prevenzione di malattie metaboliche (dislipidemie, diabete, gotta), malattie cardiovascolari ed osteoarticolari, che se si associano alla Malattia di Parkinson ne influenzano sfavorevolmente il decorso clinico.

Una corretta alimentazione può inoltre contribuire al miglioramento dell’efficacia della terapia con levodopa. La levodopa è un aminoacido neutro che necessita di un sistema di trasporto attivo per il passaggio dall’intestino al sangue e da questo al comparto encefalico. Tutti gli aminoacidi, provenienti dalle proteine ingerite con il pasto, si pongono in competizione per i trasportatori specifici della levodopa a livello intestinale, rendendoli meno disponibili per l'assorbimento di levodopa. Bisogna inoltre considerare che numerosi alimenti, tra cui ad esempio i grassi alimentari, le fibre (ed in generale tutti gli alimenti che determinano eccessiva acidità gastrica), ed alcuni farmaci (anticolinergici), tendono ad inibire lo svuotamento gastrico. Un rallentato svuotamento gastrico determina una maggior esposizione della levodopa a degli enzimi che degradano in dopamina il farmaco, rendendolo quindi non disponibile all’assorbimento intestinale. In considerazione degli aspetti elencati, è quindi necessario riassumere quelle che possono essere considerate le principali strategie alimentari per ottimizzare l’efficacia della terapia con levodopa. Una restrizione delle proteine alimentari, soprattutto nella prima parte della giornata, può essere utile per migliorare l’efficacia della terapia nei casi in cui sono presenti importanti fluttuazioni motorie; la quantità totale di proteine non deve tuttavia essere inferiore a 0.8 g/kg di peso corporeo ideale per evitare stati carenziali e malnutrizione (considerando che gli alimenti proteici sono generalmente anche ricchi di ferro e calcio); è quindi sempre necessario tener verificare la copertura dei fabbisogni e se necessario ricorrere anche all’utilizzo di integratori alimentari.

Infine, una corretta alimentazione può rappresentare un valido supporto nella gestione di specifici sintomi, ovvero disfagia e stipsi. La disfagia consiste in difficoltà nella deglutizione di cibi solidi e/o liquidi. La disfagia nella Malattia di Parkinson, così come in altre malattie neurologiche, oltre a ridotto introito alimentare può avere gravi conseguenze, ovvero aspirazione di contenuti alimentari nelle vie aeree, rischio di infezioni broncopolmonari e aumentata mortalità. Segni e sintomi che suggeriscono la presenza di disfagia si possono presentare durante e dopo l’alimentazione. Per quanto riguarda la fase del pasto, tali sintomi consistono in ritardo a deglutire, tendenza a mantenere il cibo in bocca, masticazione o deglutizione non coordinate, deglutizioni multiple per ogni boccone, impacchettamento del cibo nelle guance, eventuali rigurgiti orali o nasali di cibo/liquidi, frequenti colpi di tosse, senso di blocco del bolo alimentare in gola e soffocamento. Segni e sintomi suggestivi di disfagia al termine del pasto consistono in sonorità rauca della voce (dovuta a alla eventuale formazione di catarro), affaticamento, modificazioni della respirazione. Nella gestione del paziente affetto da Malattia di Parkinson con disfagia, si può far fronte, sul piano alimentare, preferendo alimenti con un buon grado di coesione (evitando ad esempio crackers, grissini, biscotti, pastina in brodo, riso ecc.), facendo attenzione alla dimensione dei bocconi oppure ricorrendo all’eventuale utilizzo di prodotti a supporto (es. polvere addensante, diluenti come il brodo vegetale o di carne, latte, succhi di frutta ed alimenti lubrificanti:, ovvero burro, margarina, olio di oliva, maionese, besciamella). In caso di disfagia grave con ricorrenti episodi di polmonite “ab ingestis” può essere inevitabile ricorrere all’intervento chirurgico di gastrostomia endoscopica percutanea (PEG), attraverso la quale procedere con la somministrazione di alimenti frullati o di specifici preparati dedicati alla nutrizione enterale.

La stipsi è un frequente disturbo della Malattia di Parkinson, ed è presente in oltre la metà dei pazienti. Questo sintomo dipende da numerosi fattori, ad esempio disfunzione del sistema nervoso autonomo, alcune terapie farmacologiche e in molti casi da un insufficiente apporto di fibre e acqua. Sul piano alimentare è pertanto seguire i seguenti consigli: apporto di liquidi di 1,5-3 litri al giorno; due porzioni di verdura e di frutta al giorno; eventuale uso di prodotti integrali e di integratori di fibre; incrementare quando possibile l’attività motoria ed infine, se necessario, utilizzo di lassativi e microclisteri.

Infine, recenti studi stanno cercando di esplorare se una corretta alimentazione possa contribuire all’abbassamento della probabilità di sviluppare Malattia di Parkinson o alla modificazione della progressione della Malattia di Parkinson.

Il consumo di tè verde, caffè e mirtilli e altri numerosi alimenti caratterizzati da un’azione antiossidante, così come la ridotta assunzione dei latticini, sembrano essere associati a una più bassa probabilità di sviluppare la Malattia di Parkinson. Non è chiaro, tuttavia, se questi alimenti possano essere associati anche ad un diminuito rischio di progressione della malattia. Rispondere a questa domanda non è facile, dal momento che la Malattia di Parkinson è una malattia che progredisce lentamente, per cui gli studi sulla progressione di malattia richiedono tempi lunghi. L'eterogeneità della malattia impone inoltre il reclutamento di campioni numerosi, il che incide notevolmente sui costi complessivi degli studi. Un ulteriore aspetto che ci preclude ad oggi la possibilità di capire se e in che termini determinati alimenti possono incidere favorevolmente sul decorso della Malattia di Parkinson consiste inoltre sul fatto che, eventuali risultati positivi (o negativi) dimostrati in un ambiente controllato e ideale, come può essere quello di uno studio scientifico controllato accuratamente, non necessariamente possono essere allo stesso modo presenti in condizioni di vita reale.

In conclusione, l’alimentazione nella Malattia di Parkinson è importante per numerosi motivi, migliorare le condizioni di salute dei pazienti, prevenire eventuale comparsa di altre malattie, migliorare l’effetto dei farmaci e la gestione di particolari disturbi come disfagie e stipsi. Per gestire una corretta alimentazione nel paziente affetto da Malattia di Parkinson è opportuno affidarsi a neurologi ed a nutrizionisti con esperienza specifica in questo settore. L’intensità dell’intervento nutrizionale deve essere conseguente e proporzionale alla valutazione dello stato di malnutrizione del paziente.
È necessario inoltre rispettare le regole per la somministrazione delle terapie. Sappiamo che gli alimenti ad azione antiossidante riducono il rischio di sviluppare la Malattia di Parkinson, saranno necessari ulteriori studi per comprendere se opportuni alimenti siano anche in grado di rallentarne il decorso.

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