Tutto sugli altri disturbi del movimento


Altri disturbi del movimento: le Coree

A cura di: Anna Rita Bentivoglio

Cosa sono le sindromi coreiche? Definizione e fenomenologia

Il termine còrea definisce movimenti involontari brevi, bruschi, imprevedibili degli arti, del tronco, del collo o del viso che passano rapidamente da una regione all'altra in modo irregolare, fluido, non stereotipato, imprevedibile. Il termine còrea deriva dal greco "χορεία" che significa danza, ed è infatti interessante osservare che i movimenti coreici hanno un carattere simile alla danza.
Nei casi più lievi, i movimenti possono sembrare volontari e il paziente può apparire agitato e goffo.
I pazienti, occasionalmente, sovrappongono ai movimenti involontari dei gesti volontari per mascherare il movimento coreico e questo segno, molto specifico delle sindromi coreiche, è indicato come paracinesia.

I movimenti coreici possono interessare tutto il corpo e interferire con la parola, la deglutizione, la postura e l'andatura. L’aspetto del movimento coreico è multiforme, soprattutto varia in base alla sede interessata; le grimaces facciali includono innalzamento o abbassamento delle sopracciglia, ammiccamento eccessivo o monolaterale, increspamento delle labbra. I movimenti della lingua sono guizzanti e ne determinano la protrusione. I movimenti coreici determinano flesso-estensioni, tilt laterali o accenni di rotazione del capo, sollevamento delle spalle, contrazioni addominali, dondolio pelvico. I movimenti distali delle dita sono relativamente lenti, a volte polipoidi, vengono definiti atetoidi, mentre i movimenti prossimali degli arti sono prevalentemente ballici, ovvero bruschi, ampi e forti.

La còrea si accentua con l'ansia e durante i movimenti volontari, mentre si attenua durante il sonno.
Un segno distintivo della corea è l’impersistenza motoria provocata dall’impossibilità di mantenere una postura prolungata. Questo segno si cerca chiedendo al paziente di mantenere la lingua sporta per circa 10 secondi; quando non riesce e retrae la lingua si dice che presenta una impersistenza linguale. Nell’impersistenza oculare il paziente non riesce a mantenere lo sguardo su una mira posta nella periferia del campo visivo, mentre il segno del mungitore consiste nell’incapacità di esercitare una pressione costante con le mani chiuse a pugno che stringono le dita dell’esaminatore, il quale percepisce un alternarsi di pressione e allentamento della stretta.

La fisiopatologia che sottende la corea coinvolge uno squilibrio di attività delle vie dirette e indirette dei gangli della base, causando l'iperattività della via talamo-corticale. È utile ricordare che le sindromi coreiche, pur molto diverse nella fisiopatologia, causano quadri clinici simili, a volte sovrapponibili e questo costituisce un ostacolo nell’identificazione dell’eziologia.

Breve excursus storico

Il termine còrea evoca per primo il medico americano George Huntington, che nel 1872 descrisse con grande precisione le caratteristiche cliniche ed ereditarie della malattia che è attualmente conosciuta come Malattia di Huntington. Prima di lui, però, altri due nomi sono indimenticabili nella storia della conoscenza delle sindromi coreiche.
Il termine còrea fu coniato nel XV secolo da Paracelso, geniale medico e filosofo tedesco che descrisse la chorea Sancti Viti (Ballo di San Vito), una malattia caratterizzata da movimenti scalmanati di contorcimento e che fu inizialmente attribuita ad isteria di massa ed a superstizione religiosa, ma in seguito rivalutata come patologia correlata a crisi epilettiche o avvelenamento da segale cornuta. Più tardi, nel XVII secolo, Thomas Sydenham, un medico inglese, descrisse molti dei sintomi comunemente associati alla Malattia di Huntington. Oggi, tuttavia, la corea di Sydenham indica la corea reumatica, che colpisce piccoli pazienti prevalentemente nella seconda infanzia, e che è sequela dell’infezione da streptococco ß emolitico di tipo A, alquanto rara da quando si è diffuso l’uso degli antibiotici.

Eziologia delle sindromi coreiche

Per una trattazione esaustiva e sistematica delle cause di còrea si rimanda alla letteratura scientifica dedicata.
Meno frequente rispetto ai tic e al tremore, la còrea è uno dei disturbi ipercinetici del movimento. Possono essere responsabili della sua comparsa un gran numero di cause, appartenenti a due macrocategorie: forme genetiche e forme acquisite (farmacologiche/tossiche, metaboliche e strutturali). Va sottolineato che anche nei centri esperti, nonostante competenza, valutazioni multidisciplinari e analisi di laboratorio, alcuni pazienti rimangono non diagnosticati. Tuttavia, il rapido progresso della genetica e delle scienze di base che studiano i meccanismi biochimici delle patologie, sta riducendo questo numero. I pazienti con diagnosi non chiarita devono essere indirizzati verso centri esperti in grado di offrire competenze multidisciplinari e collaborazioni, anche internazionali, che migliorino le probabilità di diagnosi.
Considerando che il quadro neurologico delle sindromi coreiche spesso è sovrapponibile, gli indizi che orientano la diagnosi differenziale di corea vanno cercati nell’anamnesi familiare, farmacologica, nell’età all’esordio, nell’evoluzione della malattia, nelle malattie concomitanti e in un meticoloso esame clinico.

Forme genetiche

Le còree genetiche possono essere a trasmissione autosomica dominante, recessiva, mitocondriale.
Fra le forme dominanti, la più frequente (oltre il 95%), la Malattia di Huntington (HD), è anche la più caratterizzata, trasmessa come tratto autosomico-dominante, causata dalla mutazione del gene IT-15 sul braccio corto del cromosoma 4. La mutazione consiste in un’espansione di triplette CAG che passano dal normale range che va da poche unità a 27 ripetizioni, a 36 ed oltre. Dalla soglia delle 40 ripetizioni la mutazione è sempre sintomatica, mentre fra 36 e 39 ripetizioni può non manifestarsi o dare un quadro molto attenuato con insorgenza in tarda età. Più è alto il numero delle triplette, più sarà grave il decorso della malattia e precoce l’esordio. L’espansione CAG determina la perdita della normale funzione della proteina Huntingtina, una grande proteina che ha un ruolo cruciale per la struttura ed il funzionamento dei neuroni. Alcuni gruppi di neuroni che si trovano nei gangli della base (un gruppo di nuclei situati nella profondità dell’encefalo, importanti per il controllo motorio, oltre che per molte altre funzioni di regolazione delle emozioni, del comportamento e dell’apprendimento) vengono particolarmente danneggiati dalla proteina mutata e manifestano la loro sofferenza strutturale attraverso la perdita progressiva del controllo motorio e la comparsa di movimenti involontari.

La Malattia di Huntington è causata da una mutazione di un singolo gene, eppure il suo spettro di manifestazione fenotipica è molto ampio e complesso. Tale complessità è spiegabile solo in parte con la dimensione dell’espansione della stringa CAG. Il paziente presenta una combinazione variabile di disturbi motori (discinesie coreiche e coreo-distoniche, disturbi del controllo del movimento volontario, della stabilità e dell’equilibrio), cognitivi e psichiatrici. L’età di esordio è, nella maggior parte dei casi, adulta (30-50 anni), ma la malattia può presentarsi a qualsiasi età, perfino nell’infanzia e nell’età avanzata, sia pure in una minoranza di casi.
L’andamento è lentamente ingravescente ed il quadro motorio cambia nel tempo: nei primi lustri, prevalgono i disturbi discinetici, mentre in fase avanzata il quadro assomiglia molto ad una sindrome rigido-acinetica. Anche il linguaggio e la deglutizione sono coinvolti e, nelle fasi terminali, si può arrivare all’anartria ed alla disfagia che impone il ricorso alla alimentazione tramite PEG se questa è la volontà espressa dal paziente ai suoi familiari. La durata della malattia è molto variabile, si aggira intorno ai 20 anni dalla diagnosi, tuttavia, vi sono forme attenuate (anche nella mia casistica personale) che possono raggiungere 40 anni e oltre di sopravvivenza. I disturbi psichiatrici sono prevalentemente apatia, depressione, ansia, irritabilità e, solo in una minoranza di casi, quadri gravi di psicosi e mania. In questi pazienti esiste un rischio di suicidio. Chi se ne prende cura deve considerare, in ogni stadio della malattia, che l’ideazione, i propositi ed i tentativi suicidari in questi pazienti sono più frequenti rispetto ai dati della popolazione generale. Sia la comunicazione medico-paziente-famiglia che le scelte terapeutiche devono sempre considerare questa caratteristica. A questo proposito è utile ricordare che, anche quando il medico sospetti la diagnosi di Huntington, è bene indirizzare il paziente ad un centro esperto che possa accompagnare l’ammalato e la sua famiglia dapprima verso una diagnosi clinica, e solo successivamente verso la conferma attraverso il test genetico che va sia deciso che comunicato nell’ambito di una consulenza genetica, con supporto psicologico, e follow up. In questa malattia non c’è una terapia preventiva, pertanto anche il test genetico in individui a rischio genetico non sintomatici deve essere considerato nell’ambito di un percorso di consapevolezza e supporto. La Malattia di Huntington è una malattia rara (codice di esenzione RF080), si stima che in Italia vi siano circa 6-7.000 persone affette, mentre gli individui attualmente a rischio genetico sarebbero 30-40.000.

Le altre forme genetiche, molto più rare della Malattia di Huntington, ne comprendono alcune con fenotipo sovrapponibile alla Malattia di Huntington, denominate simil HD (HD Like oHDL), oltre alla Coreoacantocitosi, la Sindrome di Macleod e forme di Neurodegenerazione con accumulo di ferro (NBIA, PKAN). La Còrea benigna ereditaria è una forma ad esordio precoce con andamento benigno prevalentemente motorio. Alcune forme di Atassia Spinocerebellare (SCA, tipi 1, 2, 3) possono anche presentarsi con fenotipo simil HD, come pure alcune malattie prioniche ereditarie (HDL1), mutazioni della giunctofillina (HDL2), forme di porfiria e atassia-telangectasia. Per una trattazione esaustiva e sistematica, si rimanda alle pubblicazioni dedicate.

Còree acquisite

Questo è un gruppo molto eterogeneo e comprende un lungo elenco di cause potenziali. Di seguito alcune fra le cause di più frequente riscontro:

  • Danni strutturali dello striato causati da molteplici lesioni, quali ictus, vasculiti, lesioni occupanti spazio, LES. Quando i movimenti coreici interessano solo un lato del corpo (emicorea), indicano in prima ipotesi il sospetto di una lesione vascolare controlaterale al lato affetto e impongono una neuroimmagine urgente;

  • Sindromi para- e post-infettive (còrea reumatica o malattia di Sydenham), encefalite herpetica;

  • Sindromi farmaco-indotte o da sostanze tossiche: farmaci antidopaminergici, ormone tiroideo, estrogeni, sostanze di abuso;

  • Còrea gravidica;

  • Sindromi metaboliche: chetoacidosi diabetica, tireotossicosi, squilibrio elettrolitico con iper o iposodiemia.

Percorso diagnostico

L’intervista anamnestica: un momento essenziale.

L’anamnesi deve chiarire: l’età e la modalità di esordio (acuto, subacuto, insidioso), la progressione (statica, remittente, lentamente ingravescente). L’esposizione a farmaci. Questo è un punto molto importante e deve essere indagato in dettaglio perché queste forme possono essere reversibili, mentre si aggravano e si cronicizzano se i farmaci responsabili non vengono sospesi, naturalmente quando possibile. I farmaci che più spesso provocano sindromi coreiche sono gli antipsicotici, compresi alcuni farmaci definiti atipici o di seconda generazione, quali il risperidone, l’aripiprazolo, l’olanzapina. Esistono descrizioni aneddotiche di pazienti che hanno manifestato la còrea nel cambiare la terapia da un neurolettico a più forte affinità verso il recettore D2 postsinaptico a un farmaco a più debole affinità o con azione di agonista parziale D2. Il rischio di manifestare sindromi tardive, fra cui la corea, aumenta tanto più rapido e drastico è il cambiamento dello schema posologico.

L’anamnesi familiare deve esplorare se vi siano altri individui in famiglia con còrea o disturbi correlati. Nel caso della Malattia di Huntington, per esempio, è necessario chiedere se tra i familiari vi siano casi di psicosi, di alcolismo, di suicidio o di parkinsonismi. Soprattutto in passato, la diagnosi genetica non era possibile e molti casi ad esordio psichiatrico finivano ricoverati con l’etichetta di psicotici.

Cosa cercare nella visita e nell’esame obiettivo neurologico

L'osservazione attenta e dettagliata del paziente durante l'esame clinico e neurologico è fondamentale. L'esame neurologico confermerà la presenza della còrea, la sua gravità, simmetria, distribuzione, se focale, multifocale o generalizzata. In un adulto, una emicòrea ad esordio acuto suggerisce uno stroke, laddove un esordio strisciante in un ragazzino guarito recentemente da una tonsillite suggerirà, in prima ipotesi, una forma reumatica. Infine, l’esordio insidioso, in un adulto con familiarità per còrea, farà ipotizzare, in prima ipotesi la diagnosi di Malattia di Huntington.

L’esame obiettivo deve anche rilevare la presenza di altri disturbi del movimento, come atassia, parkinsonismo, distonia, mioclono, tic, autolesionismo. L'identificazione di altri segni clinici o neurologici concorre a determinare la natura e l'eziologia della còrea. L'esame dei movimenti oculari va orientato non solo alla presenza di nistagmo, ma deve valutare se i movimenti saccadici e di inseguimento lento sono frammentati, se la latenza è aumentata e l’escursione del movimento completa, poiché queste sono caratteristiche che accompagnano molte delle diverse forme di còrea. Altre caratteristiche da considerare ed esplorare sono: neuropatie periferiche, amiotrofia, miopatia, encefalopatia e convulsioni.

L’esame clinico, quando siano escluse le cause più frequenti di còrea, deve avvalersi anche di valutazioni di altri organi e apparati, quali ad esempio il cuore, il fegato, il sangue, il rene.

Trattamento della còrea

Il trattamento delle sindromi coreiche, nelle forme secondarie si avvale di terapie mirate alla causa che sottende il disturbo del movimento. Nelle forme genetiche, nonostante la ricerca sia impegnata sul fronte delle terapie di silenziamento genico e, in generale, sulle terapie che cambiano la storia naturale della malattia, a tutt’oggi la terapia è sintomatica e va orientata sui sintomi. Per controllare le discinesie, è disponibile la tetrabenazina, un dopamino-depletore che agisce in sede presinaptica svuotando le vescicole che trasportano le monoamine, in particolare la dopamina, nei neuroni del sistema nervoso centrale. La tetrabenazina è molto efficace, ma va usata con cautela da mani esperte, dato il rischio potenziale di peggiorare i sintomi depressivi e soprattutto l’ideazione suicidaria. Anche i neurolettici migliorano le discinesie, tuttavia l’uso va ponderato attentamente quando non servano per controllare sintomi psicotici, considerando che la malattia evolve dalle discinesie coreiche a quadri di tipo rigido-acinetico e pertanto farmaci con forte antagonsimo dopaminergico possono accentuare questi segni. I disturbi psichiatrici vanno trattati come in qualsiasi altro paziente, sulla base del quadro clinico. Nei pazienti con forme croniche, la riabilitazione motoria e il supporto psicologico sono risorse preziose, che migliorano la qualità della vita e vanno considerate parallelamente alla farmacoterapia.
In conclusione, le sindromi coreiche sono patologie relativamente rare, conseguenti a cause molto eterogenee. La diagnosi tempestiva è importante perché alcune forme sono reversibili e in tutti i casi i disturbi possono essere migliorati con terapie farmacologiche, riabilitazione e, quando necessario, supporto psicologico.

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